venerdì 5 giugno 2015

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venerdì 29 maggio 2015

Le cause della guerra


La crisi, che prima ha corroso e poi devastato il debole impianto economico jugoslavo, ha preso le mosse agli inizi degli anni settanta. Il Pil è comincato a crescere a ritmi ridotti e di pari passo sono andati gli investimenti e il saggio di produttività sia nell'industria che nell'agricoltura. Dal 1980 in avanti il Pil è diminuito mediamente dell' l % all'anno. Il debito estero è salito vertiginosamente sino a rappresentare un fardello insopportabile. Le quattro misure prese negli inizi del 1990  non hanno sortito effetti positivi per l'economia nazionale in inarrestabile discesa verso il collasso totale, ma si sono incaricate di esasperare le tensioni sociali e inter repubblicane. Contro il blocco dei salari, centinaia di migliaia di lavoratori sono scesi nelle piazze su tutto il territorio nazionale. Nel solo 1989 si sono registrati 1700 scioperi nel settore industriale. Nelle zone più depresse, come il Kossovo, la Macedonia e l'Erzegovina, disoccupati e agricoltori hanno inscenato violente manifestazioni che hanno costretto il governo centrale di Belgrado a intervenire con la forza pubblica e l'esercito. Le borghesie di stato repubblicane hanno incominciato a pensare che, uscire dalla federazione jugoslava, tagliare ogni rapporto con Belgrado, non solo faceva risparmiare a loro notevoli quantità di capitale finanziario che si sarebbe potuto investire produttivamente invece che scomparire nelle casse del governo federale, ma sarebbe stata la condizione per uscire definitivamente dalle gabbie dell’ economia di piano e il mezzo più celere per agganciarsi alle economie dell'Europa occidentale.
L'ECONOMIA ATTUALE DELL'EX JUGOSLAVIA


BOSNIA

L’economia della Bosnia-Erzegovina risente degli effetti della guerra, che ha comportato la deindustrializzazione del paese e ne ha distrutto le infrastrutture, frenando notevolmente lo sviluppo economico. I servizi partecipano a circa il 67% del pil e occupano circa metà della popolazione. 
I settori d’occupazione principali sono il commercio al dettaglio, l’intermediazione finanziaria, l’immobiliare e l’amministrazione pubblica, che riflette la complessa struttura politica. L’industria conta invece per circa il 25% del pil e, nonostante la deindustrializzazione, il settore minerario è cresciuto molto negli ultimi anni e contribuisce in larga misura alle esportazioni.
La Bosnia-Erzegovina possiede risorse naturali come carbone, ferro, bauxite, manganese, piombo, zinco, rame. L’agricoltura rappresenta poco più dell’8% del pil e occupa il 20% della forza lavoro, in particolare nella Rsb, dove si trova la maggior parte del terreno coltivabile. Le rimesse contribuiscono per circa il 9% al pil. I maggiori partner commerciali sono Croazia e Serbia – membri, assieme alla Bosnia-Erzegovina, dell’Accordo di libero scambio dell’Europa centrale (Cefta) – e l’Unione Europea (in particolare Germania e Italia). Le esportazioni riguardano soprattutto metalli di base e risorse minerarie, mentre il paese importa, in particolare, prodotti alimentari e chimici, macchinari, petrolio e prodotti derivati. La Bosnia-Erzegovina è dipendente al 100% dalle importazioni di petrolio e gas. 
MONTENEGRO

Nell’ ultimo decennio il pil del paese è cresciuto in maniera straordinaria, così come la ricchezza pro capite che è passata dai 1300 dollari del 2000 ai 12.412 attuali. Una crescita frenata dai riflessi esterni sul paese della crisi economica globale del 2008-09. Il potenziale turistico del Montenegro rimane molto elevato. L’ostacolo principale al pieno sviluppo è costituito dalla latente instabilità regionale e dalle carenze infrastrutturali. 
Il sistema economico presenta problemi piuttosto gravi. La disoccupazione, per esempio, affligge più di un terzo della popolazione attiva. Resta il problema della forte corruzione, collegata anche alla capillare presenza di organizzazioni criminali.
Nonostante i problemi, l’economia montenegrina è particolarmente dinamica e nel decennio scorso ha conosciuto tassi di sviluppo superiori al 5%. Dopo la crisi del 2009 (-5,9%), il Montenegro è riuscito ad avviare una buona ripresa nel biennio successivo, per poi riassestarsi su una crescita contenuta. Sotto il profilo energetico, il mercato interno è piccolo e poco sviluppato. Tra le voci dei consumi domina il carbone. 

MACEDONIA

L’economia macedone è molto piccola e tra i paesi balcanici è più grande solo di quella kosovara. Dalla sua indipendenza il paese ha sofferto di un notevole problema di diversificazione industriale, sebbene il settore siderurgico e la metallurgia siano ritenuti fiori all’ occhiello della produzione nazionale. .
Alla crisi economica provocata dalla frammentazione della Iugoslavia hanno fatto seguito, nella seconda metà degli anni Novanta, una crisi iperinflattiva che bloccò la produzione e provocò un aumento delle spese statali destinate alla difesa. Ancora oggi la disoccupazione  rimane una delle cifre più alte al mondo.
Gli aspetti positivi dell’economia macedone consistono invece nel basso debito pubblico, nella crescente integrazione con i mercati mondiali e nella sua capacità di attrarre investimenti. 
Dal 2001 è in vigore un accordo di stabilizzazione con l’Eu, che garantisce al paese accesso senza dazi ai mercati europei. Trattandosi di un paese senza sbocco sul mare, la Macedonia dipende dai suoi vicini per l’accesso alle principali rotte commerciali mondiali. 
L’oleodotto più importante è quello che la collega a Salonicco, in Grecia, capace di trasportare l’equivalente di 50.000 barili di petrolio al giorno. Il mix energetico macedone è dominato dal carbone (più della metà dei consumi).

giovedì 28 maggio 2015

L' ECONOMIA ATTUALE DELL' EX JUGOSLAVIA 

SLOVENIA

Come membro dell'Unione Europea la Slovenia ha rapporti commerciali soprattutto con i Paesi dell'Europa Occidentale, in particolar modo con la Germania, l’Austria e l’Italia. La Slovenia è considerata un piccolo, ma fidato partner, dal modo di fare razionale e la forza lavoro altamente qualificata. Tra il 1995 e il 2008 la sua economia aumentò del 4% all'anno. Il tasso di disoccupazione verso la fine del 2008 era del circa 6%, se non inferiore. Il PIL della Slovenia rappresenta il 91% del PIL medio dei 27 Stati membri dell'Unione Europea.  In base a questi dati la Slovenia occupa il 16° posto nell' Ue.   Il terziario rappresenta la più grande parte dell'economia, quasi il 64 % del PIL totale nel 2008. Tra i servizi sempre più importanti c’ è il turismo. Il settore industriale partecipa al PIL totale con il 26% circa,  l'edilizia con l'8%, l'agricoltura con il 2%. Tra i più importanti rami del settore industriale ci sono la siderurgia, la meccanica, l'industria del legno e tessile, l’industria chimica e la produzione di farmaci, macchinari ...

CROAZIA
Settore primario
L’agricoltura è concentrata nelle pianure settentrionali; le colture principali sono il mais, il frumento, le patate, la barbabietola da zucchero; lungo le coste si coltivano la vite e l’olivo. Dalle foreste (che coprono il 34% del territorio) si ricavano discrete quantità di legname, in buona parte esportato.
Settore secondario e terziario
Sono presenti alcuni giacimenti di gas naturale e di petrolio, gesso, sale e sabbie silicee.   Tra i settori industriali rilevante la cantieristica (a Fiume, Spalato, Pola), ma anche la siderurgia (a Sisak, Spalato, Topusko), la metallurgia (a Sebenico), la chimica e la petrolchimica (raffinerie a Fiume e Sisak), la meccanica (a Slavonski Brod, Zagabria), l’alimentare, il tessile (a Varaždin, Zagabria, Duga Resa).  I principali partner commerciali sono Italia e Germania.
I primi due istituti di credito privati della Croazia sono controllati da banche italiane. Di fondamentale importanza il turismo.

SERBIA

La Serbia è un paese balcanico, modellato da un periodo di guerre che ne hanno segnato il destino e l’esistenza durante tutti gli anni Novanta. Formalmente indipendente solo dal 2006, quando il Montenegro decise in favore della dissoluzione dell’unione politica inaugurata tre anni prima con Belgrado, la Serbia è stata la più importante entità della Repubblica socialista federale di Iugoslavia (1943-92), guidata dal presidente Tito per gran parte della sua storia (1953-80). Nel 2006, la Serbia ha perso anche l’ultimo accesso diretto al mare. Dalla fine degli anni Ottanta i serbi, giunti infine a controllare le strutture della federazione, si posero come obiettivo rafforzare e centralizzare la Iugoslavia, mentre croati e sloveni si schierarono a favore del decentramento. Sul versante delle relazioni internazionali, durante la Guerra fredda la Iugoslavia adottò un modello politico-economico di stampo socialista, ma prese rapidamente le distanze dall’ Unione Sovietica. Nonostante tale percorso di avvicinamento alle strutture europee, la Russia resta il paese con cui la Serbia intrattiene buone relazioni sia dal punto di vista politico (Mosca non riconosce l’indipendenza del Kosovo) sia economico a causa degli ingenti flussi di investimenti e progetti di collaborazione specialmente nel campo energetico. 

domenica 24 maggio 2015

mercoledì 20 maggio 2015

L’economia del territorio 

Si è sviluppata ai margini dei paesi satelliti dell'ex-URSS, con nazionalizzazione dei mezzi di
produzione. Il settore privato resta però preponderante nell'agricoltura.
La Jugoslavia è ricca di giacimenti minerari localizzati soprattutto nella Bosnia Erzegovina, nella Macedonia e nei Balcani serbi. Vi sono inoltre anche industrie, che negli ultimi tempi (prima del conflitto) avevano registrato un considerevole sviluppo. 
Il Turismo è stato una buona fonte di ricchezza per molte delle sue regioni.



La geografia del territorio

La parte nord-est dell’Ex-Jugoslavia (ora Serbia), precisamente nell’ area a nord di Belgrado e del Danubio, è costituita da una vasta pianura alluvionale che si estende fino a raggiungere il Bassopiano Pannonico. La zona è attraversata da alcuni affluenti del Danubio (Sava e Tibisco) e vi si trovano poche modeste aree di rilievi come ad esempio la catena collinare di Fruška Gora (539 m s.l.m.). 
La zona centrale dell’Ex-Jugoslavia (attualmente chiamata Šumadija) è invece dominata da colline e da qualche rilievo di altitudine compresa fra i 1000 e i 1500 m s.l.m. Andando verso sud il territorio diventa montuoso, il massiccio più importante è quello di Kopaonik. 
La parte settentrionale del Paese ha un clima di tipo continentale influenzato dalle masse d'aria provenienti dal nord ed est europeo, con inverni freddi e estati calde e umide, le precipitazioni sono distribuite lungo tutto l'anno. 
Nella parte meridionale il clima subisce delle influenze da parte del Mediterraneo ed è dunque prevalentemente caldo e secco in estate e autunno e relativamente freddo e ricco di precipitazioni nevose in inverno.